WONDER PARK, una storia di emozioni sul potere della fantasia

“Mamma ci vediamo un film ?” chiedono i miei figli un sabato un pomeriggio….. Annuisco e immediatamente dopo mi trovo con il televisore acceso e un posticino sul divano accanto a loro . Non mi resta che impugnare il telecomando alla ricerca del film adatto per un momento in famiglia e  dopo una lunga carrellata di titoli, ci imbattiamo in un film animato divertente, con personaggi magicie dai tratti  psicologici: Wonder Park.

Il film racconta la storia di June, una bimba di 10 anni ricca di fantasia e immaginazione. Tutto scorre tranquillo finché la madre non si ammala gravemente, da quel momento June perde ogni interesse e soprattutto la sua capacità di meravigliarsi.

June è una bambina dalla grande immaginazione e con uno straordinario talento per l’ingegneria. Insieme alla madre – e ai suoi animali di peluche – dà vita con la fantasia a un intero parco dei divertimenti: “Meravigliandia”, dove ci sono cascate di fuochi d’artificio, zone a gravità zero tra enormi palloni, giostre con pesci volanti e chi più ne ha più ne metta. Inoltre ,con gli amici del quartiere,  June riesce a mettere in piedi vere e proprie attrazioni improvvisate, che non sempre però vanno come vorrebbe. La sua vita prende una brusca svolta quando sua madre si ammala e deve lasciare la casa, per essere seguita dai dottori di una clinica. A quel punto June decide di distruggere la mappa di Meravigliandia, che le sembra solo un ricordo infantile e doloroso, ma scoprirà che il potere della immaginazione è qualcosa di più reale di quanto credeva.

Il film esalta l’emotività della perdita, è un film proiettivo dall’alto contenuto psicologico.

Perfetto,  per far comprendere il dolore che blocca , spesso la perdita è un dolore troppo forte e blocca la fantasia , la capacità di reagire e di agire, spegne la forza di continuare a vivere. 

La piccola June, alla paura dell’abbandono della figura materna reagisce con il blocco della fantasia e si chiude privandosi della spensieratezza dell’infanzia.

Solo durante l’avventura molto speciale all’interno del parco gioco, progettato insieme alla madre, le permetterà di comprendere quant’è bello godersi i dolori e le gioie della vita ed è solo questa la chiave per far scomparire la forza scura che ci minaccia e si infittisce quando diamo spazio a paura e tristezza.

C’è  tanto da riflettere d’avanti alla tristezza di una bambina depressa, che non ha più voglia di giocare, ma Wonder Park insegna la forza che si può trovare nel ricordo di un tempo felice trascorso con una persona amata. 

Il film tratta bene le tematiche dell’abbandono e riesce, in un linguaggio semplice adatto ai bambini, a far comprendere le difficoltà e le paure di non avere più al nostro fianco le persone amate. 

La metafora è evidente e si risolve in modo semplice, il film non risulta noioso perché ricco di avventure. Non mancano situazioni buffe e adrenaliniche. Quando June arriva a Meravigliandia la trova come abbandonata e assediata da una “forza oscura” rappresentata come un vortice turbolento sul cielo del parco gioco, che ovviamente è il simbolo dell’ansia e della paura per le sorti della madre.

Gli animali che aveva immaginato come custodi del parco, tra cui una cinghiale, un porcospino, un orso blu e soprattutto una scimmia di nome Peanuts, sono assediati da un esercito di pupazzi di pezza, che si comporta come un’armata di automi o meglio di non-morti. Ripetono infatti in modo sinistro una filastrocca come fossero in un film horror e vengono ribattezzati scimpazombie. 

Inoltre, a complicare le cose l’oggetto incantato capace di salvare il parco, ossia il pennarello con cui Peanuts creava le nuove attrazioni, sembra aver perso la propria magia. Il confronto tra June e le creature di fantasia, che aveva abbandonato, la porta a rivalutare il tempo speso con la madre a giocare, e quindi a conservare quei ricordi e trarne coraggio in un momento difficile. 

Una lezione che vale per tutti di fronte a malattie, incidenti e lutti .

Consigliatissimo da proporre ai bimbi e alle loro famiglie e come per ogni situazione vederlo insieme è un buon modo per parlare di tematiche ancora troppo velate nella nostra società.

Grazie ai miei figli per avermi offerto, ancora una volta, un nuovo stimolo e una nuova avventura.

Psicologa Psicoterapeuta

Rosita  Filardi