Dopo gli ADOLESCENTI…… ecco arrivare gli ADULESCENTI

Ne siamo circondati, ma mancava la parola. Ora c’è. Ci ha pensato il sociologo francese Serge Guérin che nel 2013 ha coniato il termine “quincado”.

Nasce dalla contrazione di due parole francesi: quinquagénaire (i cinquantenni) e adolescence (adolescenza) e definisce quegli adulti a cui piace ancora comportarsi, abbigliarsi come i figli di 20/30 anni più giovani. Italianizzando, gli “adulescenti”.

Analizzando fonti storiche e sociali ci è facile dedurre le ragioni di questo nuovo fenomeno.

ll concetto di compito di sviluppo fu elaborato da Robert J. Havighurst nel 1948. Da allora è stato funzionale allo studio dello sviluppo adolescenziale per più di cinquant’anni, rimanendo sempre un concetto di attualità e importanza sia per i teorici dello sviluppo e per i ricercatori , che per gli stessi adolescenti. Nella definizione di Havighurts (1984) si intende per compito di sviluppo un compito che si presenta in un determinato periodo del ciclo di vita dell’individuo, la cui buona risoluzione conduce alla felicità e al successo nell’affrontare i compiti successivi, mentre un fallimento o una cattiva risoluzione conduce all’infelicità, alla disapprovazione da parte della società e a difficoltà nella realizzazione dei compiti evolutivi che si presenteranno in seguito. I compiti evolutivi nascono e si collocano nel mezzo tra bisogni individuali e richieste sociali e possono variare a seconda dello specifico contesto socio-culturale a cui l’individuo appartiene .

Havighurst (1948) individuò, in origine, nove compiti di sviluppo tipici degli adolescenti bianchi di classe media americana degli anni Cinquanta: 

  1. instaurare nuove relazioni mature con coetanei di entrambi i sessi;
  2. acquisire un ruolo sociale femminile o maschile; 
  3. accettare e usare efficacemente il proprio corpo;  
  4. acquisire indipendenza emotiva dai genitori o da altri adulti; 
  5. acquisire indipendenza economica; 
  6. orientarsi verso e prepararsi per un’occupazione professionale; 
  7. prepararsi al matrimonio e alla vita familiare; 
  8. sviluppare competenza civica; 
  9. desiderare ed acquisire un comportamento socialmente responsabile; 
  10. acquisire un sistema di valori e una coscienza etica come guida al proprio comportamento.

Per quanto riguarda l’Italia, si può prendere in considerazione un particolare fenomeno degli ultimi decenni che si presenta soprattutto nella nostra cultura: quello dell’adolescenza allungata o interminabile, consistente nella mancata simultaneità tra l’acquisizione della maturità fisica e psicosociale e l’assunzione del ruolo di adulto autonomo e indipendente dalla famiglia di origine, la quale si ritarda sempre più dai 18 fino ai 30 anni e oltre, facendo sì che molti giovani in questa fascia di età possano essere considerati eterni adolescenti o giovani adulti. Questo ritardo è dovuto a cambiamenti strutturali nella società, nel mercato del lavoro e nella politica che hanno portato all’allungamento del periodo di scolarità e all’aumento dei tassi di disoccupazione, limitando le possibilità di uscita dell’adolescente dal nucleo familiare di origine .

A causa di questo fenomeno, alcuni dei compiti di sviluppo proposti da Havighurst – acquisire indipendenza economica, orientarsi verso e prepararsi per un’occupazione professionale, prepararsi al matrimonio e alla vita familiare – non rientrano più, al giorno d’oggi, nella fase adolescenziale. Ciò può portare a situazioni di confusione e instabilità circa la lo sviluppo dell’identità personale e a un sentimento di insicurezza nei confronti delle proprie capacità e risorse, stimolando gli adolescenti a prolungare l’esplorazione dell’identità e a posticipare le responsabilità e gli impegni dati dall’assunzione di un’identità adulta.

La società odierna può essere inoltre metaforicamente definita narcisistica in quanto attribuisce grande importanza alla visibilità, al denaro e al riconoscimento sociale, all’essere competenti e all’altezza in ogni situazione. Anche il modello educativo degli ultimi decenni si è centrato più sulla promozione di istanze ideali troppo elevate piuttosto che su valori etici e ciò porta gli adolescenti a crearsi identità non autentiche a costo di ben figurare per assecondare le aspettative di altri, nonché a preferire o ricevere più gratificazione da modalità di interazione virtuale, come ad esempio quelle che si possono sperimentare sui social network, dove la vita apparente si riduce ad un’immagine di profilo, una bacheca o ad un tweet. I risultati di uno studio di Vogel et al. (2014) riportano che un maggiore uso e una maggiore attività sui social network è collegato a tratti di autostima più bassi, il che porta gli autori a sottolineare la deteriorante relazione tra l’esposizione ad un alto confronto sociale nell’uso di questi network e il benessere. Eppure al giorno d’oggi è raro che vi siano adolescenti che non fanno uso di queste piattaforme e l’identità virtuale, separata dall’identità corporea del momento presente, è una realtà sicuramente utile quanto pericolosa nel percorso di identificazione adolescenziale.

L’esplorazione prolungata dell’identità è anche favorita dalla cosiddetta tirannia della libertà, ovvero dalla forte pressione, nelle società occidentali in generale, a sviluppare un’identità che sia unica e originale, scegliendo tra un’ampia varietà di alternative; ciò è spesso mortificante, anziché gratificante, per gli adolescenti che non hanno sviluppato senso critico su quale sia la scelta migliore per loro, dacché non vi sono significative linee guida sociali. Questa delicata fase di passaggio del Ciclo di Vita, dall’adolescenza verso l’età adulta, rischia così di essere un’incessante sfida per i giovani, un’eterna competizione in vista di un trofeo irraggiungibile, dove l’accettazione autentica e non giudicante di Sé e dell’Altro non sono considerati come concorrenti in gara.

Chi sono gli adulescenti?

Gli adulescenti, sono gli adulti che fanno fatica ad accettarsi nella continua trasformazione che impone il ciclo vitale. 

Sono gli adulti incapaci di crescere, trasformarsi, evolversi, di avere nuove idee, progetti, obiettivi. Gli adulti che  non portano con sé la capacità di desiderare e di costruire. Sono gli adulti dipendenti, quelli emotivamente turbati e poco sicuri. Quelli con ancora obiettivi da raggiungere, progetti aperti che vorrebbero coronare. 

L’adulescente, ossia l’adulto che crede ancora di essere un ragazzino, che vuole essere giovanile a tutti i costi, lo vediamo dal suo modo di parlare, comportarsi, atteggiarsi, vestirsi. Ha abitudini molto simili a quando aveva vent’anni, frequenta gli stessi locali magari cambiati di nome, hanno lo stesso modo di pensare. L’adulto ancora centrato sul corpo, che si appella alla chirurgia estetica o all’eccesso di sport pur di mantenere un viso più fresco, un corpo più atletico. L’obiettivo è quello di piacere, di essere visto, di avere conferme. Piacere agli altri è un bisogno però tipico degli adolescenti che, proprio perché stanno attraversando un’importante trasformazione a livello corporeo, necessitano di continue conferme alla loro fragile autostima. L’adulescente è un modo di essere oggi molto presente nella nostra società: quando gli adulti vivono questo desiderio di restare sempre giovani da una parte tolgono spazio alla creatività dei ragazzi, dall’altra non sono in grado di trasmettere ai giovani il senso del passaggio, della trasformazione della vita, smettono di essere dei sani punti di riferimento. Non è possibile fermare il tempo, o meglio, lo posso fare solo attraverso una forzatura, un’imposizione, una distorsione di tipo mentale che crea staticità, immobilità, fissità. E come ben sappiamo fissità, stereotipia, ripetizione immutata sono alla base delle malattie psichiche.

Per non incorrere nell’adulescenza e restare bloccati in una tappa del ciclo vitale inesistente  e  disfunzionale alla nostra crescita dobbiamo imparare a :

1.Rispettare i giusti tempi. Ogni età della vita è un gradino senza il quale non si può passare psicologicamente a quello successivo. Bisogna corrispondere alla propria età, o il passaggio da adolescente ad anziano, senza passare dall’adulto sarà drammatico.

2.Conservare la capacità di giocare. Essere adulti non significa non giocare più. Ogni tanto è bello dare spazio al bambino e all’adolescente che sono in noi, ma con la consapevolezza dell’adulto che sa goderseli e poi limitarli.

3.Eliminare i luoghi comuni sull’età. Evitare di identificarsi con una sola fase di sboccio ( ex. l’adolescenza) e sentirsi vivo solo lì. La vita offre tante occasioni di rinascita fino alla fine, in forme nuove e diverse.

“Le rughe della vecchiaia

formano le più belle scritture della vita,

quelle sulle quali i bambini imparano a leggere i loro sogni.”

Marc Levy

Psicologa Psicoterapeuta  Dott.ssa Filardi Rosita 

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