Terapia della Famiglia

Il contributo più importante dato alla psicosomatica dalle teorie sistemiche è quello del pediatra e psichiatra argentino Salvador Minuchin[i], maggior esponente dell’indirizzo strutturale della terapia familiare.

La terapia familiare strutturale mira a riconoscere, esprimere e risolvere i conflitti latenti evitando lo stress emotivo;  ad individuare e rafforzare l’autonomia dei singoli membri e dei sottosistemi e a stimolare e valorizzare ogni potenzialità di cambiamento, di evoluzione e di crescita della famiglia.

Il presupposto di base della terapia familiare si fonda sul concetto che l’uomo non è isolato, al contrario, in quanto individuo, agisce e reagisce all’interno dei gruppi sociali.

Mentre i terapeuti orientati all’approccio individuale sono inclini a vedere l’individuo come il depositario della patologia e a raccogliere soltanto i dati che si possono ottenere dal singolo paziente o che lo riguardano, i terapeuti familiari fanno partecipare alla terapia tutti i componenti della famiglia, cosicché  non c’è bisogno di  postulare l’introiezione delle figure familiari tramite la terapia individuale.

«La famiglia è la matrice dell’identità[ii]».

Ogni uomo che nasce, si impianta nel tessuto familiare specifico (razziale, culturale, religioso, ecc.). All’infinitezza dell’essenza neonata, la famiglia pone limiti e condizionamenti, positivi e negativi.   All’interno dello scenario sociale la famiglia si configura come un fattore significativo del processo evolutivo, si delinea come un gruppo naturale che regola le reazioni dei suoi componenti rispetto agli stimoli, difatti la sua organizzazione e la sua struttura proiettano e qualificano l’esperienza dei membri stessi.  La “coscienza familiare” si esprime attraverso i nomi prescelti, il ricordo delle persone care scomparse, le simbologie peculiari di ogni “clan” familiare, le usanze intrinseche. Con il trascorrere degli anni la mente umana si sviluppa incamerando tutti stimoli che l’ambiente gli fornisce, le informazioni assimilate e immagazzinate divengono parte dell’individuo, del  modo di porsi  nel contesto sociale ove interagisce.

La famiglia diviene il “laboratorio” dove ciascun membro costruisce il senso di identità[iii], che si erige su due elementi: il senso di appartenenza e il senso di differenzazione. Il senso di appartenenza si forma da bambino, man mano che si sviluppa l’adattamento al gruppo familiare di appartenenza e con l’appropriarsi dei modelli transazionali della struttura familiare, che permangono nelle diverse circostanze della vita. Il senso di differenzazione e di individualità si forma con la partecipazione, sia a differenti sottosistemi[iv] in diversi contesti familiari, sia a gruppi extra-familiari.

La struttura della famiglia è un sistema socio-culturale aperto e in continua trasformazione, spesso è sottoposta a stimoli che le offrono la possibilità di adattarsi a situazioni che cambiano senza perdere quella continuità che dà uno schema di riferimento ai suoi componenti.

Bibliografia                                                                                                   CANESTRERI R., GODINO A., “Trattato di psicologia”, CLUEB, Bologna, 2002.             DSM-IV, “Manuale Diagnostico e statistico dei disturbi mentali”, Masson,2004.

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LERMA M.,  Articolo CONVEGNO INTERNAZIONALE “I Pionieri della Terapia familiare” Roma 8/10 dicembre 2000 organizzato da Accademia di psicoterapia della famiglia di Roma, Istituto di terapia familiare di Firenze, Scuola romana di psicoterapia familiare di Roma, www.formazione.eu.com, 2007.

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[i] «Salvador Minuchin è uno dei pochi pionieri viventi ed ancora operanti. Nato in Argentina da una famiglia di ebrei russi ivi immigrati, cresciuto in un contesto patriarcale, Minuchin ha tratto dalle sue esperienze di vita infantili il senso  della struttura familiare come sede di organizzazione, di interdipendenza, di regole per salvaguardare sia il funzionamento del sistema familiare nel suo complesso che i margini di libertà di ciascun componente.

Divenuto medico pediatra, ha lavorato dapprima in Israele per i bambini orfani e immigrati, quindi si è trasferito in U.S.A. per specializzarsi in psichiatria.

Negli anni ‘50, è stato chiamato a New York a dirigere un centro residenziale per ragazzi delinquenti. Qui ha sperimentato i limiti del trattamento psicoanalitico per recuperare tali soggetti senza il coinvolgimento delle loro famiglie. Da questa esperienza deriverà per Minuchin l’interesse per il lavoro con le famiglie, in particolare quelle povere e socialmente svantaggiate, caratterizzate da disorganizzazione e indefinitezza di ruoli.

Nel testo del 1974 tradotto in italiano nel 1981 col titolo “Famiglie e terapia della famiglia” (Ed. Astrolabio, Roma) per citare uno dei suoi più diffusi lavori, l’autore illustra con esempi clinici il suo modello di Terapia familiare strutturale, secondo cui il funzionamento della famiglia poggia su alcuni cardini fondamentali: una struttura gerarchica tra le generazioni; la definizione di regole di comportamento; uno stile transazionale compreso fra due estremi: famiglie disimpegnate (legami deboli, scarso senso di responsabilità) e famiglie invischiate (troppo rigidamente collegate, mancanza di chiarezza di confini tra le generazioni).

Nel 1965 Minuchin viene chiamato a dirigere a Filadelfia la Child Guidance Clinic, divenuta, sotto la sua guida, un centro di riferimento internazionale per la T.F. secondo il modello strutturale; la quale negli anni ‘70 diverrà un centro specializzato per il trattamento di alcune patologie giovanili, fra cui l’anoressia, una patologia che cominciava ad assumere dimensioni sociali. Come ci informano U. Telfener e G. Todini la crisi economica degli anni ‘80 e i tagli sulle spese sanitarie hanno interrotto l’ascesa della Child Guidance Clinic, ma non l’attività di Minuchin il quale, trasferitosi a New York, ha continuato ad occuparsi di famiglie svantaggiate e a denunciare il carattere negativo dell’assistenza pubblica volta a focalizzare l’incapacità delle persone piuttosto che agire sulle loro risorse. Attraverso il centro da lui fondato, che oggi porta il suo nome, Minuchin ha continuato ad essere formatore e supervisore e a scrivere di teoria e pratica terapeutica “senza arrendersi”,come lo stesso Minuchin ha affermato.»

Lerma M., Articolo CONVEGNO INTERNAZIONALE “I Pionieri della Terapia familiare”Roma 8/10 dicembre 2000 organizzato da Accademia di psicoterapia della famiglia di Roma, Istituto di terapia familiare di Firenze, Scuola romana di psicoterapia familiare di Roma, www.formazione.eu.com, 2007, Cit. pp.27-28

[ii] Minuchin S.; Rosman B. L.; Baker L.; “Famiglie Psicosomatiche”, Astrolabio, Roma, 1980. Cit. p. 65

8Il senso di identità di ciascun individuo è influenzato dal senso di appartenenza a una specifica famiglia.

[iv]I diversi sottosistemi in una famiglia  sono così differenziati: sottosistema dei coniugi (si forma quando due adulti di sesso diverso si uniscono con l’espresso proposito di formare una famiglia; ha compiti specifici che sono vitali per il funzionamento della famiglia. Le capacità richieste per l’attuazione dei compiti sono la complementarità e il reciproco adattamento); sottosistema dei genitori (nella formazione della famiglia un nuovo stadio del ciclo vitale viene raggiunto con la nascita di un figlio; è ora il momento in cui si deve tracciare un confine che permetta al bambino di interagire con entrambi i genitori, escludendolo dal funzionamento specifico della coppia. Man mano che il bambino cresce, le sue esigenze di sviluppo relative sia all’autonomia dei genitori, sia alla loro guida, impongono richieste al sottosistema genitoriale che deve modificarsi per soddisfarle);  sottosistema dei fratelli ( è il primo laboratorio sociale in cui i figli possono cimentarsi nelle relazioni tra coetanei. In questo contesto i figli si appoggiano, si isolano, si accusano reciprocamente e imparano l’uno dall’altro. Imparano a negoziare, a cooperare e a competere. Spesso il sottosistema fratelli è una notevole risorsa terapeutica. Cfr. Minuchin S.; “Famiglie e terapia della famiglia”, Astrolabio, Roma, 1976. Cfr. Minuchin S.; Rosman B. L.; Baker L.; “Famiglie Psicosomatiche”, Astrolabio, Roma, 1980.