Il Modello Psicosomatico

Prima di entrare in merito del modello psicosomatico è di fondamentale importanza recuperare e approfondire dei concetti che ci guideranno lungo questo percorso di analisi.

La famiglia è uno dei più importanti gruppi di riferimento, che assicura la formazione dell’identità umana per tutti i membri, ma soprattutto per i figli.  All’interno della famiglia i bambini sviluppano autonomia  e appartenenza.  Dunque, il modo in  cui funziona una famiglia ha implicazioni importantissime per lo sviluppo psicologico del bambino.

Perché una famiglia possa funzionare bene devono essere stabiliti, all’interno del nucleo stesso, i confini ossia delle regole che definiscono chi partecipa e come al sottosistema. La funzione dei confini, e quindi delle regole, è quella di proteggere la differenzazione del sistema.  Affinché  una famiglia proceda lungo un iter progressivo in modo sistematico i confini devono essere chiari, in quanto i membri del sottosistema devono poter svolgere i loro compiti.  La chiarezza dei confini è un parametro utile per la valutazione del funzionamento familiare.

Le famiglie con confini diffusi sono famiglie invischiate, spesso concentrate su se stesse con conseguente coinvolgimento tra i componenti e minore distanza. In situazioni di tensione questo sistema diventa sovraccarico e privo di risorse necessarie per adattarsi a cambiare. Dinanzi ad una famiglia invischiata è facile osservare come i membri abbiano sviluppato maggiore senso di appartenenza e minore senso di individualità/autonomia.  Infatti, il comportamento di un membro influenza direttamente gli altri, oltrepassando prontamente i confini e riflettendosi sugli altri.

Con confini eccessivamente rigidi si delineano le famiglie disimpegnate, in cui la comunicazione tra sottosistemi diventa difficile e in cui esistono funzioni di difesa. In questo genere di famiglia i membri del sistema hanno sviluppato minore senso di appartenenza e maggiore individualità e autonomia.  In genere si stratta di  un sistema dove manca la capacità di chiedere aiuto e sostegno e dove è assente il senso di lealtà nei confronti della famiglia. Le tensioni che opprimono un membro non riescono a valicare i confini eccessivamente rigidi, solo un livello di tensione individuale molto elevato può far attivare sistemi di sostegno della famiglia.

Sull’analisi delle strutture familiari, Minuchin ha sviluppato la teoria sull’origine del disturbo psicosomatico. I concetti che fanno capo a questo modello sono i seguenti: – il «paziente designato[i]» è legato agli altri da un rapporto di circolarità, i suoi sintomi influenzano il malfunzionamento della struttura familiare e viceversa; – fattori stressanti esterni possono favorire l’insorgenza del disturbo, ma una volta che è comparso, esso viene mantenuto «omeostaticamente» dalla disfunzione familiare; – può essere presente una predisposizione o un’alterazione organica che spieghi il tipo di sintomo, ma, poiché il paziente reagisce in modo circolare con la famiglia, il disturbo tende a protrarsi anche dopo una terapia medica adeguata.

Secondo questo modello, Minuchin ha ipotizzato quattro modalità collegate alla comparsa e al mantenimento del sintomo psicosomatico. Primo fra tutti è l’invischiamento, che come abbiamo già accennato, è la tendenza dei componenti ad occuparsi eccessivamente degli altri.  In queste famiglie “le porte sono sempre aperte”, anche gli spazi fisici non sono definiti; i membri sono intrusivi, e invadenti. Spesso parlano al posto dell’altro; i ruoli sono confusi e i confini poco distinti. Pertanto, è possibile che in tali famigli i figli hanno un ruolo genitoriale con i fratelli minori e i genitori si comportano come fossero figli.

Un’altra caratteristica fondamentale delle famiglie psicosomatiche è l’iperprotettività. Si tratta di famiglie con importanti livelli di coinvolgimento emozionale, dove ogni segnale di malessere,  di uno o più membri, muove tutto il nucleo ad assumere atteggiamenti eccessivamente protettivi, che limitano l’autonomia e lo sviluppo degli interessi esterni al gruppo.

Terzo elemento distintivo delle famiglie psicosomatiche è la rigidità. In questo caso, il nucleo familiare pone resistenza a ogni forma di cambiamento. Quando un membro cerca di cambiare la propria posizione rispetto al gruppo gli altri agiscono rendendo inutile le forze. Un esempio tipico è il caso dell’adolescente, che pur cercano maggiore autonomia, viene stremato dal gruppo che si compatta e non gli permette di apportare alcuna modifica al loro sistema familiare.

Nei momenti più critici del ciclo vitale[ii]la famiglia cerca di mantenere lo stesso funzionamento divenendo molto vulnerabile.  In fasi come questa, è frequente che uno dei componenti si ammali, spostando su di se ogni preoccupazione.

Ultimo requisito della famiglia psicosomatica, per questo non meno importante, è l’evitamento dei conflitti. Si tratta di famiglie con una tolleranza alle frustrazioni molto bassa e che, non sopportando il disaccordo, soffocano i problemi al loro nascere o li negano. Queste sono famiglie che imparano a convivere con grandi conflitti irrisolti  e che trovano modalità comportamentali funzionali alla loro disfunzione.

Per modificare le caratteristiche disfunzionali delle famiglie psicosomatiche Minuchin tre finalità terapeutiche: lo sviluppo dell’autonomia individuale; il riconoscimento e l’espressione di conflitti; la valorizzazione del cambiamento.

Ad oggi, la maggior parte dei terapeuti ad orientamento familiare e sistemico considerano pregevoli  gli studi fatti da Minuchin e valutano importanti le sue teorizzazioni. Anche i clinici di formazione psicoanalitica e cognitivista, hanno rivolto la loro attenzione allo studio delle relazioni, approfondendo in particolar modo la relazione madre-bambino. Dunque, si può affermare che Minuchin ha contribuito notevolmente a ad allargare i confini della psicosomatica, fornendo contestualizzazioni nuove e ricche di soluzioni ad antichi problemi. Senza mai dimenticare, la complessità dell’esperienza umana, le differenze, le contraddizioni e la ricchezza di pensiero che appartengono all’individuo nel suo essere unico e inimitabile.

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[i] Il paziente designato è colui che viene presentato dalla famiglia come problematico. Cfr. Trombini G.; Baldoni F., “Disturbi psicosomatici”, Il  Mulino, Bologna, 2001.

[ii] Ogni organismo vivente, è in continua evoluzione. Non c’è staticità, ma movimento a caratterizzarne l’esistenza.
Se ci avviciniamo alla famiglia con l’occhio allenato a coglierne questa peculiarità di “insieme”, possiamo osservare come essa si muove lungo un processo evolutivo, che gli psicologi chiamano “ciclo vitale”, di cui si possono anche individuare dei punti nodali, o fasi, o tappe evolutive.
Il corteggiamento, il matrimonio, la nascita dei figli, il periodo centrale del matrimonio e l’adolescenza dei figli, l’emancipazione dei genitori dai figli, il pensionamento e la vecchiaia, la morte sono alcune delle tappe evolutive significative, attraverso cui passa e cresce una famiglia.
Il motore di questo processo di crescita è dato dall’interazione di due forze, apparentemente contrapposte, ma in realtà in continuo equilibrio dinamico: una forza che mira al mantenimento di uno stato di equilibrio raggiunto, quasi nel tentativo di salvaguardare una identità, l’omeostasi, e una forza che spinge verso il superamento di quanto già conquistato e costruito, perché già non più funzionale alle esigenze e ai bisogni dei singoli membri – anch’essi in evoluzione costante – e alle richieste della realtà esterna: questa forza la chiamiamo spinta al cambiamento.
L’interazione continua tra queste due forze, l’omeostasi e il cambiamento, fa sì che la famiglia, nel suo insieme, possa costruire la sua storia e procedere nella sua crescita evolutiva. Cfr. Minuchin S.; “Famiglie e terapia della famiglia”, Astrolabio, Roma, 1976. Cfr. Minuchin S.; Rosman B. L.; Baker L.; “Famiglie Psicosomatiche”, Astrolabio, Roma, 1980.

4.Psicosomatica e disturbi del comportamento alimentare