La metafora

La Metafora è uno specchio,che riflette l’immagine di sé, della vita, degli altri. Tali immagini possono diventare una chiave per il cambiamento.
Che cos’è la metafora? Come può essere definita la metafora? Un linguaggio figurato, una figura retorica, un modo simbolico di esprimere qualcosa o un’espressione fantasiosa e creativa dove le leggi del mondo reale si combinano con l’irreale per esplorare una parte più profonda dell’individuo? La letteratura è ricca di definizioni a proposito, ma in questa sede, prima di addentrarci nello specifico dell’argomento e ampliarlo secondo un approccio psicoterapeutico familiare, cerchiamo di capirne di più movendo i primi passi dal semplice concetto di metafora; nozione che, peraltro, troverà d’accordo molti studiosi. Metafora (dal greco μεταφορά, da metaphérō, «io trasporto») è un tropo linguistico e si ha quando, al termine che normalmente occuperebbe il posto nella frase, se ne sostituisce un altro la cui “essenza” o funzione va a sovrapporsi a quella del termine originario creando, così, immagini di forte carica espressiva. La metafora differisce dalla similitudine per l´assenza di avverbi di paragone o locuzioni avverbiali (“come“). E non è totalmente arbitraria: in genere si basa sullo stabilimento di un rapporto di somiglianza tra il termine di partenza e il termine metaforico, ma il potere comunicativo della metafora è tanto maggiore quanto più i termini di cui è composta sono lontani nel campo semantico. In semantica la metafora è più propriamente il processo per cui una parola si arricchisce di nuovi significati, per estensione. Ad esempio, la parola vite indica l´utensile vite per analogia con la pianta della vite (per somiglianza tra la filettatura dell´utensile e il viticcio della pianta). Spesso tali meccanismi sono fossilizzati nel lessico e non sono avvertiti dal parlante, ma si possono ricostruire con lo studio dell´etimologia. L’uso della metafora è essenziale al linguaggio umano, in quanto consente di trasmettere pensieri e concetti altrimenti difficili da comunicare. La metafora è nata, come elemento di studio, di approfondimento e d’uso della retorica, l’arte antica del bel parlare e della capacità di persuadere. Il suo uso, inizialmente poetico e persuasivo, si è esteso nel tempo, a tutte le discipline. Di metafora, si sono interessati retori e filosofi del passato, quali Isocrate, Cicerone, Sant’Agostino, Aristotele. E proprio quest’ultimo ha sostenuto che: « La metafora consiste nel trasferire ad un oggetto il nome che è proprio di un altro: e questo trasferimento avviene, o dal genere alla specie, o da specie a specie, o per analogia.» A riprendere e ampliare la definizione di metafora, di Aristotele, fu Turbayne, il quale fece notare che la metafora non deve necessariamente essere espressa in parole, ma può essere comunicata anche con dei segni. Pertanto, il quadro di un pittore o il gioco di un bambino può essere considerato espressione metaforica. Turbayne, arricchì ancor più, la descrizione di metafora fatta da Aristotele, e asserì che la parabola, la favola, l’allegoria, e il mito possono essere considerati sottogruppi della metafora. E seppure Turbayne, è stato tanto innovativo nella descrizione della metafora, omette di considerare che una persona può consciamente recepire una metafora secondo il senso letterale, mentre a livello inconscio ne può recepire il significato simbolico. Questa è l’ipotesi di base, su cui si fonda l’impiego clinico della comunicazione metaforica. Nella storia della scienza sono rinvenibili molte metafore tant’è, che ogni «[…] mutamento di teoria è accompagnato da alcune importanti metafore…». Esse possono assumere valore esegetico, come metafore sostitutive, od anche rappresentare «[…]un ponte che viene offerto all’intuizione » Anche le teorie psicologiche offrono molte metafore: il cognitivismo con il modello del computer, la psicoanalisi con un uso anche clinico di questo strumento, e le teorie sistemiche con le descrizioni “triangolari” delle dinamiche familiari, solo per fare alcuni esempi. Se dunque, le metafore sono ampiamente utilizzate nel ragionamento scientifico, si assiste negli ultimi anni alla diffusione della prospettiva narrativa nella quale si osserva da parte di molti studiosi non solo l’adozione di un modello scientifico narrativo, ma anche lo sviluppo di molte ricerche sulle modalità narrative di ragionamento che comportano anche il ricorso alle metafore. Nella letteratura sistemica al termine metafora è stato assegnato un significato ampio, che coglie la continuità e la compresenza tra diversi livelli mentali. A proposito, sono molto significative le ipotesi antropologiche di Brenda Beck. La Beck considera la metafora come un mediatore, capace di mettere in comunicazione gli aspetti sensibili e immaginativi con quelli logici e razionali. Gregory Bateson, padre della teoria sistemica, ha più volte sottolineato il ruolo svolto dalla metafora nella conoscenza. La metafora è espressione artistica delle emozioni e costituisce il senso relazionale e emozionale condivisa dal gruppo. Anche Minuchin e Whitaker si sono interessati di utilizzare le metafore nelle loro psicoterapie e mentre Minichin parla di uso di metafore spaziali e organizzative (sia nella descrizione dei problemi, sia nell’individuazione dei percorsi risolutivi); Whitaker da importanza all’uso della metafora in quanto massima espressione del sé terapeutico. Gordon nel suo testo Metafore Terapeutiche, esamina la costruzione della metafora, come modalità per comunicare e generare cambiamenti. La metafora, è uno strumento elettivo di evoluzione e creatività, è capace di apportare continuo dinamismo alle strutture di pensiero. E’ esemplificazione emotiva di un contenuto verbale. E’ la comprensione del modello del mondo dell’altro e si può creare in modo naturale e inconscio dalla narrazione. Offre l’occasione di “entrare” nelle emozioni e talvolta di condividerle. Rende più fluente la comunicazione e favorisce l’apprendimento. Coinvolge, incanta, concede l’opportunità di un viaggio ai confini tra realtà e fantasia.
L’ uso della metafora nella storia
La metafora è, da sempre, un elemento essenziale nella comunicazione umana. Racconti e aneddoti sono stati continuamente adottati per trasmettere messaggi specifici. Molteplici, sono le metafore che ci accompagnano negli anni. Fra queste, ricordiamo in poche righe le più resistenti nel tempo: i racconti tramandati con la Bibbia. La Bibbia, utilizza un linguaggio spiccatamente metaforico e persuasivo atto a trasmettere messaggi su concetti da sempre indispensabili nella vita dell’uomo, come il bene e del male. A tal proposito citiamo Il Libro di Giobbe , che intende rispondere alla domanda di come Dio premi o castighi le azioni degli uomini. Il libro compare sia nelle scritture cristiane sia in quelle ebraiche e probabilmente risale a circa duecentomila anni fa. Gesù insegnava tramite le parabole, racconti sulla moralità e la giustizia, le parabole sono state tanto efficaci da rendere i personaggi come il Buon Samaritano e il Figliuol Prodigo, parte del nostro vocabolario quotidiano. Dicasi altresì dei grandi poemi epici, dell’Iliade e dell’Odissea, della Divina Commedia, solo per citarne alcuni.
La metafora in psicoanalisi
Secondo Freud il pensare per immagini sta più vicino ai processi inconsci di quanto lo sia il pensare per parole, quindi le immagini metaforiche, sono una forma di pensiero attraverso la quale i processi inconsci vengono espressi. Nel saggio del 1907 Freud parla di “ars poetica”, come particolare e segreta dimensione inconscia, con la quale il poeta o l’artista supera ogni ripugnanza, ogni dolore, ogni barriera sia del suo mondo interno sia della sua relazione esterna. Per Szajnberg, il transfert è un aspetto importante per la riuscita della psicoterapia analitica, e la metafora è cruciale per portare o trasportare simboli e ambiguità del cliente da un momento all’altro della sua vita, da una parte all’altra della sua mente. Secondo Jung, l’immagine indotta emotivamente è l’organizzatore principale della mente umana; mito e archetipo sono immagini metaforiche universali. Sia il concetto di Jung di archetipo inteso come metafora universale, sia i miti della cultura umana rivelano immagini metaforiche universali; ciò indica che mito e archetipo si riferiscono ad una precisa dimensione dell’esperienza umana: la struttura metaforica della realtà trans-culturale.Per Bettelheim è a causa della rimozione o del processo di censura che l’inconscio rivela sé stesso in simboli o metafore. Una somiglianza e una continuità tra la struttura individuale e quella universale dell’esistenza umana è compatibile con l’affermazione che la realtà individuale, sociale, trans-culturale è strutturata metaforicamente.Nella teoria delle Relazioni Oggettuali il sé può essere una immagine rappresentazionale interna, che di solito trae origine dall’area affettiva; la metafora e la struttura metaforica della realtà di una persona esprimono anche una somiglianza tra relazioni sé-oggetto interne (intrapersonali) ed esterne (interpersonali). Il discorso metaforico di un cliente può rilevare le dinamiche psicologiche del sé, per esempio “sto andando in pezzi” è una metafora intrapersonale. Rottemberg ritiene, che la metafora combini il processo primario e quello secondario del pensiero; l’interpretazione metaforica in psicoterapia è sempre generata dal terapeuta anche se si dice che “è desiderabile che il terapeuta funzioni creativamente per stimolare e facilitare il coinvolgimento del paziente nel lavoro creativo”. In psicoanalisi la metafora è considerata un fenomeno regressivo, un avvicinamento all’atto terapeutico che è l’interpretazione. Le interpretazioni metaforiche mirano a catturare l’esperienza e il pensiero del cliente nel linguaggio di quest’ultimo senza andare oltre a ciò che il cliente ha detto, hanno le maggiori probabilità di essere accettate da lui. Sia la mente che il corpo sono unificati all’interno della struttura metaforica della realtà individuale. Per Stern trovare la metafora terapeutica chiave è l’obiettivo della psicoterapia psicoanalitica per comprendere e cambiare la vita di un individuo.
Metafora e Ipnoterapia Eriksoniana
Erikson per primo esplorò l’uso di storie e aneddoti come metafore, la sua popolarità ha portato molti a considerare gli aneddoti l’unico modo per utilizzare le metafore in terapia. Di fronte ad un intervento paradossale il pensiero cosciente del cliente è sovraccaricato dalla logica illogica del paradosso; il cliente si trova in un processo di ricerca mentale inconscia. L’approccio eriksoniano utilizza la metafora per comunicare con i processi inconsci del cliente, per attivarli e per spostare ed elaborare le informazioni da una conoscenza verbale- logica ad una immaginifico- analogica. Per Erikson è il terapeuta che costruisce aneddoti, che contengono metafore simili alla situazione reale; inoltre l’aneddoto ha un obiettivo di trattamento specifico. Per ciò che riguarda le metafore, Erikson le adoperava anche nell’ipnosi per indurre un maggior successo. Convinto, che il comportamento del terapeuta deve adeguarsi alle singole persone che entrano in terapia, non ha mai cercato di adattare tutti i pazienti allo stesso modello terapeutico; con alcune persone ha usato termini piuttosto pesanti, con altre invece ha detto le cose in modo che il paziente si rendesse conto solo più tardi del loro significato; così in alcuni casi ha dimostrato che si può discutere apertamente di taluni argomenti, mentre in altri casi è preferibile affrontare il problema indirettamente e lasciare che sia il paziente a scoprire l’oggetto della discussione. Erikson era persuaso dall’idea che una persona poteva imparare molto quando riusciva a superare delle avversità perciò, quando aveva a che fare con qualcuno con scarsa stima di sé e che non riusciva a trovare stimoli per migliorarsi, spesso raccontava episodi della propria vita, sostenendo che le persone, cui il racconto metaforico era diretto, avrebbero potuto utilizzare il contenuto a modo proprio e coglierne i significati da applicare alla propria situazione. I racconti metaforici possono parlare dei problemi della persona in un linguaggio simbolico, togliendo l’ansia che ne deriverebbe affrontando il problema direttamente. Non esiste la metafora buona per tutte le stagioni, ma esiste la metafora adatta a quella particolare situazione, per quella particolare persona. La metafora può favorire un processo di analogia e di identificazione, nonché d’apprendimento e d’elaborazione, e può diventare la base di un cambiamento.
Metafora e Terapia Familiare Sistemica
È Minuchin a introdurre le metafore per identificare la realtà strutturata metaforicamente dalla famiglia. Secondo Minuchin la famiglia costruisce la sua realtà attuale ed è compito del terapeuta selezionare “dalla cultura stessa della famiglia” le metafore che simbolizzano la sua realtà specifica e usarle come un’etichetta che indica la realtà famigliare e suggerisce la direzione del cambiamento. L’ipotesi che la struttura metaforica della realtà intrapersonale e interpersonale può essere reciproca si basa sull’analogia che la famiglia è come un ologramma (olismo in questo caso significa: “il tutto è codificato in ognuna delle parti, e ognuna delle parti può generare il tutto”) che è simile al concetto di famiglia “il tutto è più della somma delle parti” è traducibile in “ la struttura metaforica della realtà famigliare è nella struttura metaforica della realtà individuale, e la realtà metaforica di ogni individuo è nella struttura metaforica della realtà famigliare” Minuchin, definisce “holon” l’individuo, il nucleo famigliare, la famiglia estesa e la comunità affermando che ogni holon è sia un tutto che una parte.Haley e Madanes sostengono che l’essenza dell’interscambio tra i membri di una famiglia sta proprio nelle caratteristiche metaforiche Vs quelle logiche della comunicazione. Haley pone in contrasto la comunicazione metaforica rispetto a quella logica; per lui la comunicazione metaforica è analogica. Madanes afferma che ogni comportamento può essere o analogico o metaforico: è analogico quando assomiglia ad un altro comportamento per certi aspetti; è metaforico quando simbolizza o è usato al posto di un altro comportamento.Per Bateson la metafora è il principio con cui l’intera struttura degli esseri viventi è messa insieme. La metafora è una struttura che connette, una struttura che caratterizza l’evoluzione di tutti gli esseri viventi. Per Watzlawick le metafore sono forme espressive che agiscono principalmente a livello analogico, aggirando le razionalizzazioni difensive dei pazienti ed attivando in funzione terapeutica la sfera intuitiva ed emotiva della personalità. Infine, anche Boscolo si è interessato della metafora, sostenendo che il linguaggio proprio della metafora, i simboli, le immagini mentali tendono a stabilire un clima emotivo fluido ed intenso che facilita il cambiamento terapeutico.
I vantaggi della Metafora nel lavoro del terapeuta
Gli interventi terapeutici che fanno leva sulle metafore generate dal cliente aiutano sia il terapeuta che il cliente ad allargare e approfondire la loro comprensione del sistema di pensiero di quest’ultimo, sistema che rispecchia nel suo uso delle metafore, e in particolare nelle metafore dei suoi ricordi d’infanzia. Esistono due percorsi per raggiungere questi risultati: innanzi tutto non viene utilizzata nessuna interpretazione né quadri di riferimento (frames o reference) esterni (modelli teorici o quadri mentali del terapeuta) durante il processo di esplorazione/trasformazione. Il terapeuta facilita nel cliente la ricerca interiore delle proprie immagini metaforiche, evitando di introdurre qualsiasi altro contenuto aggiuntivo. Se il terapeuta propone una sua idea lo fa solo per aiutare il cliente a prendere in considerazione ulteriori possibili significati o immagini di una metafora da lui già presentata. Se il cliente rifiuta il suggerimento, questo viene lasciato cadere dal terapeuta. Sono quindi i clienti che hanno il potere di elaborare e di modificare le loro immagini metaforiche: i terapeuti rispettano l’esperienza e le scelte soggettive dei clienti, accettando ciò che si rivela durante il processo di esplorazione e trasformazione. In secondo luogo il linguaggio metaforico è influenzato dalla “cultura” individuale di ciascuno e in qualche modo la riflette. Le metafore generate dal cliente portano in luce la personale esperienza e il personale sistema di significati di ciascun cliente individualmente inteso, dato che la metafora tipicamente incorpora influenze culturali soggettive piuttosto che generalizzazioni e stereotipi culturali diffusi. Allo stesso modo le metafore dei primi ricordi infantili sono immagini dell’infanzia dell’individuo che rispecchiano i quadri mentali di una persona nella sua unicità, i quali a loro volta risentono dell’influenza della cultura e dell’appartenenza etnica, a loro volta mediate dalla famiglia e dal sistema sociale in cui la persona è cresciuta. In conclusione, le metafore generate dal cliente sono “prossimali” all’ interazione tra cliente e terapeuta, e dovrebbero quindi poter essere correlate a un risultato terapeutico positivo . Inoltre, dato che il processo di esplorazione e di trasformazione delle metafore generate dal cliente si verifica all’interno della sua visione del mondo, gli interventi metaforici generati dal cliente sembrano adattarsi particolarmente bene alla psicoterapia con popolazioni culturalmente differenti. La psicoterapia con le metafore offre un modo per esprimere empatia, ascoltare e accedere a processi inconsci, facilitare una maggiore comprensione e un migliore contatto nella relazione terapeutica e affina la capacità del terapeuta di vedere con gli occhi dell’altro, ascoltare con le sue orecchie e sentire con il suo cuore.Tale metodo aiuta il terapeuta ad evitare gli atteggiamenti di onnipotenza, fare attenzione sia al procedimento che al contenuto, mostrare rispetto e acquisire una comprensione dell’unicità di ogni cliente, aggirare la sua resistenza, dargli la capacità di iniziare un movimento e un cambiamento, aumentare la consapevolezza del terapeuta rispetto alle sue aspettative e ai suoi vissuti (controtransfert), nonché sviluppare abilità di psicoterapia breve.
Come costruire una metafora
Ogni ambito sia terapeutico, formativo o informativo, produce tipi di metafore simili ma anche diverse. Diversi gli obiettivi, i destinatari, le metodologie, i gestori stessi della metafora. Simili gli intenti: stabilire corrispondenze e produrre cambiamenti. Questa similarità consente di individuare una procedura di base comune per la costruzione di metafore.A questo proposito la neurolinguistica ha elaborato dei modelli già individuati da Milton Erickson per la creazione di metafore efficaci. Innanzitutto la raccolta di informazioni • sul destinatario della metafora: individuare il modello del mondo, gli schemi cognitivi, la sua mappa percettiva, affettiva, cognitiva e comportamentale, le sue esigenze, il suo potenziale di flessibilità e le sue eventuali resistenze • sul problema-caso : quante e quali sono le persone significativamente coinvolte, quali le relazioni intrattenute, quali gli elementi di sostegno, quali gli ostacoli, quali gli eventi che hanno determinato (o determineranno) il problema-caso, quale il decorso (o il probabile decorso)Le informazioni raccolte dal costruttore di metafore possono essere specifiche o generiche (ad esempio nel caso terapeutico, il rapporto diretto col paziente permette al terapeuta una conoscenza sicuramente approfondita).In ogni caso sono le informazioni, che ci permettono di stabilire un’analogia e questo equivale a creare una relazione, un allineamento tra destinatario e metafora. Questa relazione destinatario-metafora (raccontata, disegnata, resa tangibile) induce ad una legame empatico, crea un feeling tra soggetto e oggetto, ricrea quello che in neurolinguistica è conosciuto come rapport. Il costruttore di metafora deve essere capace di costruirlo con un buon lavoro di calibrazione (studio del destinatario) e di ricalco (rispecchiamento) tra personaggi metaforici e destinatario. La calibrazione riporta alla preliminare raccolta di informazioni, allo studio dell’interlocutore, dei suoi atteggiamenti, dei suoi modelli di conoscenza e di rappresentazione.In una comunicazione interpersonale queste informazioni vengono date dall’osservazione delle immagini che l’interlocutore usa, delle sue manifestazioni fisiche ed emotive, e dall’ascolto del suo vocabolario.Queste parole, frasi, immagini che le persone usano per comunicare, e il modo in cui le usano, offrono informazioni importanti sul loro mondo interiore. Il ricalco è un processo di rispecchiamento con cui una persona, attraverso il proprio comportamento, riproduce il comportamento dell’interlocutore, dimostrando così attenzione al suo punto di vista e al suo modello del mondo. Riporta alla fase di costruzione effettiva della metafora, al suo intento analogico.Le informazioni acquisite con la calibrazione servono per comprendere il modo in cui l’interlocutore interpreta la realtà. Sulla base di queste informazioni è possibile uniformare il proprio agire (o strutturare la propria metafora) secondo ciò che in un dato momento è considerato il comportamento più appropriato alla relazione in corso.Nella narrazione metaforica è indispensabile calibrare e ricalcare per stabilire analogie. Ed è importante farlo soprattutto in ambito psicoterapeutico, al tal proposito lo fa il terapeuta col paziente (sa chi ha davanti, lo vede, lo conosce, ne conosce problemi e attese); Una volta raccolte le informazioni necessarie queste devono essere trasformate in metafora.I passaggi indispensabili per questa trasformazione sono: • creare una storia analogica: ricalcare il destinatario e il suo problema-caso; • espandere l’analogia con un isomorfismo: stabilire eventi, comportamenti e relazioni tra i protagonisti della metafora simili a quelli vissuti dal destinatario stesso; • introdurre nel contesto della storia esperienze (anche marginali e non necessariamente vissute dal protagonista, ma anche da personaggi collaterali) tali da stimolare nel destinatario riflessioni che lo portino ad aperture cognitive emotive e comportamentali; • proporre una serie di convinzioni evolutive, alternative a quelle del destinatario, che lo incoraggino nel cambiamento, che gli permettano di superare limiti e convinzioni, che lo inducano a sperimentare soluzioni e nuove esperienze; • Utilizzare elementi che possano evitare le resistenze consce (ambiguità, citazioni, e alcune volte anche humour); • Ipotizzare, proporre, suggerire soluzioni; La metafora, attraverso l’analogia, guida il soggetto a prefigurarsi, a percepire, a vivere situazioni nuove e risolutive. La guida è l’infrazione del ricalco, ossia il processo con cui una persona smette di riprodurre le scelte comunicative dell’interlocutore, e comincia a condurlo verso la conoscenza della propria mappa mentale, e quindi verso l’adesione ai propri obiettivi. Gli obiettivi che egli si pone di raggiungere e il modo per raggiungerli, le soluzioni proposte, devono essere gestite con assoluta precisione, perché devono tracciare una direzione senza imporla, indicare e guidare senza forzare.Cinque punti significativi per la costruzione di metafore sono:1. visione d’insieme: si parte da un ampio panorama (ricalco situazionale/sociale nell’ideazione dell’analogia)2. problema/bisogno: la visuale si stringe sul problema specifico del lettore (ricalco specifico: sensoriale, di credenze nell’espansione dell’analogia mediante isomorfismo)3. idea/soluzione: una proposta che risolverà quel problema (inizio guida nell’avvicendarsi delle sequenze della metafora)4. evidenze: giudizi che testimoniano l’efficacia di una certa scelta (citazioni corroboranti)5. vantaggi: i benefici specifici per il lettore (ricalco sul futuro nello scioglimento della vicenda narrata)Soprattutto il quinto punto risulta efficace per l’identificazione degli obiettivi nella metafora. Nello specifico della narrazione metaforica entra in gioco la capacità diagnostica e previsionale del costruttore di metafore che aiuta il destinatario a progettare situazioni risolutive e vantaggiose, realistiche, concretizzabili e non illusorie. Le metafore sono “favole” che si traducono in realtà. Gli obiettivi vanno definiti in positivo, conseguenza di comportamenti appropriati, di scelte oculate, risoluzioni prese dai protagonisti della metafora durante lo svolgimento di una vicenda che li ha messi alla prova. La metafora forma e in-forma: da’ “forma a” schemi mentali idonei all’apprendimento di saperi e strategie nuove e “forma in” ambiti più o meno lontani da quelli consueti (ambiti, contesti, situazioni nei quali difficilmente ci si inoltrerebbe se non attratti e “distratti” dal linguaggio metaforico). Il destinatario guarda queste esperienze analogiche fornitegli dalla metafora ed è portato (a livello inconscio) a ri-guardare le proprie esperienze e ad operare nuovi collegamenti, in una continua ristrutturazione e ridefinizione di convinzioni personali che talvolta possono limitare l’evoluzione personale, sociale o professionale. La metafora, dunque, presentando modi diversi di pensare e di agire, funziona solo nel momento in cui riesce ad aumentare la flessibilità del destinatario e a modificare il suo bagaglio di convinzioni. Il cambiamento avverrà se riusciremo ad ampliare le convinzioni positive, correggendo le convinzioni negative.Perciò arricchiremo la metafora di suggerimenti positivi, spinte strategiche, incentivi ad agire, prefiguarazioni di traguardi raggiunti e raggiungibili. E dato che quello che metaforicamente vogliamo fare è trasferire il soggetto da qui a là, dal proprio mondo ad un altro “possibile”,dobbiamo abbattere il confine delle sue convinzioni limitanti (limiti che possono riguardare sé stesso, le proprie capacità, il senso di inadeguatezza, o riguardare il contesto: la paura di sperimentare nuove esperienze, di affrontare nuove situazioni). Allora aiutiamolo a riflettere sul proprio problema-caso, ricreandolo nella narrazione metaforicaaffinchè egli, vedendolo “fuori da sé”, cominci a percepirlo in modo diverso. Attraverso la metafora insinuiamo dubbi, illustriamo sfide, sfidiamo i limiti del destinatario mostrando altri punti di vista, comportamenti e scelte diverse, critiche alluse (gestite da personaggi di sfondo, nascosti nella storia e per questo ancor meno diretti).A questa ristrutturazione cognitiva ne seguirà una emotiva; cambieranno le sensazioni e l’approccio al problema-caso. Cambieranno le aspettative.
Linguaggio metaforico: linguaggio multisensoriale
Attraverso l’uso della metafora viene utilizzata consapevolmente la forza suggestiva delle parole per organizzare e utilizzare le potenzialità della mente inconscia.E’ sempre dal linguaggio ipnotico di Milton H. Erickson che ricaviamo le regole linguistiche per costruire il linguaggio della metafora.Chi ascolta, mentre cerca con la mente conscia il significato logico di quanto sta ascoltando, con la mente inconscia lo connette con le proprie esperienze interne.E’ bene che il terapeuta, sia consapevole della multisensorialità richiesta dai suoi interlocutori, perché il linguaggio produce un vincolo e provoca esperienze virtuali.La metafora funziona se stimola associazioni tra esperienze e situazioni reali ed esperienze e situazioni virtuali; questo avviene se tiene conto dei sistemi di elaborazione di informazioni usati dalle persone per conoscere e rappresentare il mondo.L´uomo, mentre si muove nella realtà, la rielabora a partire dalle informazioni che riceve dai suoi canali d’ingresso: i cinque sensi. Le informazioni sono poi ulteriormente rielaborate dal linguaggio. Così egli si crea una rappresentazione mentale del mondo fatta di immagini, suoni, gusti, odori, sensazioni, sempre frutto di una semplificazione del modello originario.I sistemi rappresentazionali visivo (V), auditivo (A) e cenestesico (K), indicano l’organo sensoriale privilegiato nel raccogliere ed elaborare le informazioni percepite da vista (V), udito (A), e tatto-gusto-olfatto (K).Ognuno di noi può organizzare la propria esperienza in tutti i sistemi rappresentazionali, tuttavia tendiamo a prediligerne uno sugli altri. Questa inclinazione comporta una scelta – inconsapevole, ma accurata – delle parole usate per codificare l’esperienza stessa. Le parole sensorialmente specificate, dunque, esplicitano il processo di percezione che le sottende.Sintonizzarsi sul sistema rappresentazionale dell’interlocutore è un metodo molto efficace per conquistarne la fiducia.Nella produzione linguistica, l’influenza del sistema dominante visivo si manifesta nella scelta di parole che rimandano alla vista: vedere, osservare, chiarire, focalizzare, dipingere, tratteggiare; chiaro, limpido, cristallino, nitido, brillante, oscuro, fosco, torbido; immagine, quadro, scenario, schema, colori, e così via.L’influenza del sistema dominante auditivo si manifesta nel linguaggio con la scelta di parole che rimandano all’udito: ascoltare, sentire, parlare, dire, spiegare, suonare; acuto, sordo, stridulo, forte, piano; campanello d’allarme, dissonanza e così via.Nella scrittura, chi predilige questo sistema rappresentazionale presta in genere molta attenzione anche agli aspetti paraverbali del messaggio: il ritmo, soprattutto. Le allitterazioni, le assonanze, la metrica, la lunghezza delle parole e delle frasi. I respiri e le pause. Le riprese veloci o il fluire tranquillo del testo.Il sistema rappresentazionale cenestesico organizza le percezioni del mondo intorno alle sensazioni tattili, olfattive e gustative. La produzione linguistica è qui caratterizzata da parole che appartengono alla sfera delle sensazioni fisiche e dell’emotività. Le scelte lessicali prediligono verbi come sentire, provare, gustare; aggettivi come caldo, freddo, pesante, concreto; sostantivi come odore, contatto, sapore, sensazione, attrazione.Alcuni studi di programmazione neurolinguistica sostengono che il 40% delle persone è maggiormente visivo, il 40% cenestesico e il 20% auditivo. Per questa multisensorialità il linguaggio metaforico deve essere strutturato in modo tale da riprodurre le modalità linguistiche degli interlocutori siano essi visivi (sollecitiamone l’immaginazione, accompagnando al testo, laddove è possibile, immagini; evochiamo immagini con i termini visivamente specificati), o auditivi (arricchiamo la metafora di allitterazioni, onomatopee, chiasmi), o cinestesici (adoperiamo la sinestesia).Oltre i termini sensorialmente specificati è importante inserire nella metafora operatori modali, nominalizzazioni, verbi non specificati, mancanza di indice riferenziale.Gli ausiliari volere, potere, dovere sono chiamati operatori modali perché non indicano l’azione ma il modo di eseguirla. Aggiungono al verbo principale quella particolare modalità che indica possibilità, volontà, vincoli e competenze correlate all’azione descritta, e vengono usati a seconda che si voglia far emergere dal contesto metafora una limitazione (tu devi, è necessario, bisogna), o una possibilità (tu puoi nella sua duplice accezione di potere e opportunità) o un atto di volontà (tu vuoi, nel senso di volere o pretendere). Le nominalizzazioni sono sostantivi che all’interno di una frase occupano il posto di un nome ma indicano in realtà un processo in corso, una dinamica.Le nominalizzazioni si formano con gli affissi nominalizzatori ione, mento, ità, ismo, tura, ezza, che permettono la trasformazione di un verbo o di un aggettivo in nome.Le nominalizzazioni non sono mai qualcosa di tangibile, di concreto; si tratta di nomi astratti che indicano azioni, stati d’animo ecc. In esse sono state cancellate informazioni che danno senso compiuto al discorso.A livello inconscio si è portati a riconoscere nella nominalizzazione il processo da cui essa è derivata. E’ un’attribuzione del tutto arbitraria e qui sta il gioco forza della comunicazione metaforica: il destinatario attribuirà al messaggio una fisionomia del tutto (o parzialmente) rispondente alle proprie aspettative. I verbi non specificati sono verbi qualitativi che riferiscono azioni elementari eseguibili in modi ed intensità diverse, la cui modalità è lasciata indeterminata e ambigua. Fare, pensare, sapere, capire, provare, rendersi conto, riconoscere, chiedersi, ecc.Nella metafora la modalità delle azioni non vengono né approfondite né esplicitate, perché è il destinatario che deve farlo. La scelta del verbo è importante per l’obiettivo che la metafora vuole raggiungere, per il comportamento che si vuole indurre.La metafora privilegia i termini generici come gruppo, persona, qualcuno, un luogo, una cosa, una volta, mancanti di indice riferenziale, che arricchiscono il discorso metaforico di suggestioni, per cui ognuno può riconoscersi e identificarsi nei personaggi o nelle situazioni della storia.Questa genericità linguistica e contenutistica lascia che sia il destinatario della metafora a riempire i buchi informativi con la propria immaginazione e la personale ricerca di significato associato.
«[…]Torna alle origini e diventa bambino
[i] ll tropo indica qualsiasi figura retorica in cui un´espressione:è trasferita dal significato che le si riconosce come proprio ad un altro figurato,o è destinata a rivestire, per estensione, un contenuto diverso da quello originario e letterale.Nella retorica classica, secondo Lausberg, sono classificati come tropi la sineddoche, l´antonomasia, l´enfasi, la litote, l´iperbole, la metonimia, la metafora, la perifrasi, l´ironia, la metalessi.
[ii] Ad esempio:« Egli è forte come un Leone» è una similitudine; « Egli è un Leone », è una metafora.
[iii] Per campo semantico (o di significato) si intende, in linguistica, un insieme di parole di una stessa lingua che si riferiscono alla stessa area di significati.Ad esempio, il campo semantico di una parola come fiume comprenderà parole in stretta relazione di significato come ruscello, fonte, sorgente, affluente, foce, delta, estuario e simili: queste parole, tutte della stessa classe, devono avere in comune almeno una minima parte di significato per appartenere allo stesso campo semantico. È impossibile stabilire con rigore assoluto quali parole appartengano o meno ad un campo semantico, dato che l´area di significati può essere soggettiva e cambiare di epoca in epoca o da comunità linguistica all´altra. Al campo semantico della città potranno rispondere parole come comune o insediamento e innumerevoli altre.
[iv] BARKER, P., “L’uso della Metafora in Psicoterapia”, Casa Editrice Astrolabio, Roma, 1987. Cit. p15.
[v] KUHN T. (1979),«Metaphor in Science». In: In: A. Ortony (a cura di), Metaphor and Thought, Cambridge University Press, Cambridge [trad. it., La metafora nella scienza. In: R. Boyd, T. Kuhn, La metafora nella scienza, Feltrinelli, Milano 1983. Cit. p.48].
[vi] GAGLIASSO E. (2002), «Usi epistemologici della metafora e metafore cognitive». In: C. Morabito, La metafora nelle scienze cognitive, McGraw-Hill, Milano Cit. p.8.
[vii] Cfr. GORDON, D.., “Metafore Teapeutiche”, Casa Editrice Astrolabio, Roma, 1992.
[viii] Cfr. BARKER. F., “L’uso della Metafora in Psicoterapia”, Casa Editrice Astrolabio, Roma, 1987.
[ix] Erickson Milton H. “La mia voce ti accompagnerà” Casa Editrice Astrolabio, Roma, 1983.
[x] Watzlawick P. “La pragmatica della comunicazione umana.” Casa Editrice Astrolabio, Roma,1967.
[xi]Boscolo L. et Al. “Linguaggio e cambiamento: l’uso di parole chiave in terapia”. Terapia Familiare n. 37. 1991